Federica Francoli
Opera 1° classificata
A sera il silenzio si fa alto
A sera il silenzio si fa alto, padre mio,
mbre brune scendono dai monti
rada s’accende la trama pietosa dei lumi
nel solitario camposanto
dietro il tremulo sipario delle siepi
là dove dormi in una nicchia d’erbe
dissanguate dal gelo,
nel correre roco del Liro
che freddi fiati esala
da muschi e da pietre rugginose,
serpentine disegna di verdissime acque
dentro il duro sigillo dei ghiacci.
A sera il silenzio si fa alto, padre mio,
ma presto verrà a consolarti
la verde resurrezione della primavera
e l’ape col suo dolce fardello di polline
ronzerà sul rosso rododendro
la marmotta, sentinella alle sue grotte,
modulerà il suo fischio di ragazzo solitario,
l’anemone, figlio leggero del vento,
intreccerà fragili ghirlande alla tua pace.
Stefano Marcolongo
Opera 2° classificata
La montagna parla
Spluga d’aurore maestose
Di vette antiche ai giovani cuori
evera risuoni il coraggio e l’ardore.
Tuoi, l’immenso silenzio di pace, l’eco struggente
Del vento, l’ugulato sapiente tra le aspre creste rocciose.
Dischiudici, Spluga, il senso profondo delle altezze,
delle notti deste, degli alpeggi in fiore, l’azzurro volo del rapace astore!
E sono i sacri cammini, fatica dell’uomo, che c’inviti
a percorrere nuovi al vigile sguardo nel tempo lontano del gufo.
E siano i tassi, il pino mugo, il rododendro,
il verde ontano e della marmotta sui sassi
delle morene l’acuto richiamo agli albori,
La nostra cerimonia dei successori
Avanguardie d’umanità, speranze d’esistenze supreme.
Concetta Massaro
Opera 3° classificata
Primavera
È primavera nella valle Spluga
e l’inverno mette in fuga
si spoglia il monte del vestito suo bianco,
freddo e magico gigante che silenzioso giaci
nelle limpide acque rinasci,
riprendi il tuo posto nel cuore del bosco,
la fresca rugiada del nuovo mattino
da il buon giorno al meraviglioso giardino,
fra le grigie e rifiorite vette, i raggi del sole,
che inebriano i nuovi germogli,
ornamenti per bellezza e rarità,
fiori in grandi quantità.
Fra rifugi e bivacchi, il silenzio dell’alpi,
fra cascate assordanti e meandri rocciosi,
rimbalza l’eco di una montagna gioiosa,
nidificano gli uccelli
e cantano festosi i fringuelli.
La natura fanno parlare
Picchi, Sordoni e l’Aquila reale.
Il sole ormai stanco
Cede il passo alla sera
Ma resta l’odore della primavera.
Marco Galvagni
Opera 4° classificata
Infinite ghirlande di stelle
Infinite ghirlande di stelle,
intrecciandosi
col sorriso screziato della Luna,
avevano accompagnato
tutti i miei pensieri.
A risvegliarmi,
questo dolce mattino,
è stato quel refolo di brezza
che, leggero,
ha accarezzato la Valle Spluga
accompagnato dai rintocchi
della campana della vecchia Chiesa.
Prima il gelo mi aveva lambito
le membra stanche,
mentre le mie fantasie oniriche
mi facevan tornare bambino,
quando cercavo
col nonno le orme degli amici cerbiatti,
sentivo i tonfi della neve
e poi osservavo lo zampillìo
delle prime gocce d’acqua nei crepacci
al principio della bella stagione.
Ma ora è proprio fiorita
alta ed argentea l’alba
dove il Sole,
in ghirigori cremisi
scolpiti nelle rocce della vallata,
accarezza il cuore mio colmo di speranza
e mi concede,
in una scheggia di tempo e di luce,
l’attesa d’una nuova stagione
in cui io mi possa riposare
sentendo vibrare, sulle colline in fiore,
l’accento degli usignoli.
Massimo Galli
Opera 5° classificata
Corrispondenza dalla Valle Spluga
Ricordi? Eravamo in Valle Spluga.
Il bianco manto dove il passo incerto
vacillava, l’ombra delle parole
che dalle labbra, in lembi di vapore
saliva a decorare il cielo,
lo sfumato pallore delle stelle
abbagliate dal tappeto di neve,
la cipria che dai rami sfarfallava
attraversando in fluttuante danza
il penetrante luccichio dei fari.
Era dicembre, amore, e Madesimo,
adagiata nel suo guscio d’ovatta,
come perla ci apparve.
Ora che la primavera è all’opera,
il passo fermo, su cuscini d’erba
si posa, e dalle labbra le parole – diafani, azzurri petali – emanano
il profumo di questa valle.
Luccicano le stelle in trasparenza
rispecchiate nella quiete del lago
e dalle fronde sgombre e rinverdite,
come suono dell’anima s’effonde
lieve, la melodia del vento.
Siamo a maggio, mia cara, e Madesimo,
accoccolata nel suo verde grembo,
come un’oasi appare..
Immerso nell’armonia dei boschi
ascolto il silenzio, (questo silenzio
intriso di emozioni) il gorgheggio
soave degli uccelli, il canto d’acqua
che scivola nel greto d’ombre.
Questo silenzio, amore, è voce d’archi,
è musica d’eterno, è seduzione
che dal muschio sale, questo silenzio,
amore, è nostalgia di te, di noi…
un tacito invito ad essere.
Paolo Guido
Opera 6° classificata
Un lento salire
Un lento salire
tra taciti boschi e sentieri loquaci
da morbidi colli a rocce veloci.
Come alba sul mare
improvvisa e attesa
poi sorge la vetta,
verso azzurre frontiere protesa.
Magiche frecce tutt’intorno scagliate
profumo di spazi lontani,
immagini vaghe di tracce passate,
oblio del domani.
Sono lampi fugaci,
memorie? Illusioni?
Inebria pensarli mattoni
di un mondo migliore
dove l’aria di marmo del pigro vedere
non si neghi l’accesso alle strade del cuore.
Amici,
scendendo per Pian dei Cavalli
gli imbiancati panni
teniamo ben stretti,
lontana dai soliti inganni
s’adagi la mente su placide valli.
Luciana Bianchi Cavalleri
Opera 7° classificata
Prima del temporale
Nella radura, cori di grilli cantano il giorno che si spegne.
Fringuelli, cince, rampichini, intrecciano garruli arpeggi in melodici suoni.
Solitaria, un’aquila reale sibila a tratti, discosta,
inseguendo, alta, vertiginose cime.
Rannuvola. Nubi a frotte, repentine e inattese.
Lo scampanìo di mandrie lontane, scandisce lento il tramonto.
La natura ora tace, pare protendersi in silente attesa.
Il fischio acuto d’una marmotta, è solitaria sentinella in allarme.
Nel sottobosco, i corti steli fremono
e s’incrinano, vibrando scomposti.
Dondolandosi, le chiome dei larici
stormiscono, sbattono: fremono, grevi d’attesa.
S‘è fatto silente, il bosco: non s’ode più canto,
soltanto il fischiare, remoto, del vento.
Affretto il passo: in baita, ci attende un focolare caldo.
Già s’insinua, ritmato e sonoro, il primo lento gocciare.
Francesca Bazzuoli
Opera 8° classificata
Il silenzio della montagna e la voce degli animali.
Quassù è il silenzio a parlare,
così forte da squarciare il cielo
ed entrarti nell’anima,
in un impeto devastante
di suoni e rumori,
nell’incessante gioco di luci e colori,
illusioni ad incastro di un trasformista di impareggiabile bravura.
Tutto un sussurro
un cinguettìo,
uno scorrere d’acqua,
ribollire di cascate ed emozioni,
romantica come un dipinto di Monet,
intensa come una sinfonia di Schubert,
leggera come una danza senza fine di ballerini senza volto.
Si può avvertire il lento procedere dei loro passi,
per librarsi infine in uno struggente minuetto tra gli alberi,
zigzagando tra spiragli di luce,
senza alcun confine,
alcuna barriera,
ebbri di libertà e follia.
A squarciare il silenzio
la maestosa severità della montagna,
discreta sovrana di cotanta bellezza,
vigile e gelosa dei suoi pargoli.
Qui tutto si fonde e si ritrova: magia, libertà, memoria, eternità,
paradiso senza confini di catartica semplicità,
impotenti nell’assistere ad un’incantevole commedia dell’arte
ove l’anima inizia a raccontare e l’uomo si siede ad ascoltare.
Dorina Tiso
Opera 8° classificata
Nella montagna
Silenziosa ed imprevedibile
avvolta da fitta nebbia
grande cuore
palpitante di vita
ti ascolto e ti osservo
così immersa
nel grigio, nel nero, nel verde
del tuo respiro
In un unico abbraccio
ti stringi silenziosa
nascondendo gelosa
la vivacità del cuore
Ed ecco d’improvviso
dal tuo silenzio
un fruscio
un ululato
un cinguettio
un guaito sottile
e lo scrosciar dell’acqua
e lo stormire delle fronde
ed il vento leggero
che culla
chiome trafitte
da raggi di luce
e l’eco lontano
cuore vibrante
fra sentieri abbandonati
che portano
a nidi d’amore
d’animali
sperduti
in ferite nascoste
pulsanti di vita
abbraccio premuroso
di soffici muschi
d’amore
Silvana Ferrario
Opera 10° classificata
Estati a Campodolcino
Ho ripercorso i sentieri della mia infanzia,
tra i ricordi arruginiti dal tempo.
Ho rivisto le case di sasso,
grigie come le rocce sovrane.
La memoria si è accesa di colori e fragranze,
tra ampi tappeti verdeggianti
dove il tarassaco ancora primeggia fiero,
calpestato dai ruminanti pascoli insaziabili.
Ho risentito i rumori amici,
dimenticati dall’odierno frastuono.
Cinguettii di ciuffolotti abbarbicati tra le fronde,
e richiami di marmotte mai raggiunte.
Ho rivisto i gracchi alpini dal giallo becco
mendicare tra i ciuffi d’erba,
e atteso il branco di cerbiatti
apparire sulle alture silenziose.
La tua mano ha stretto la mia,
sostenendo il mio incauto correre nella libertà,
e il tuo indice sinistro ha indicato
il pinnacolo nidificato dall’aquila reale.
Il tempo si è fermato sulle immagini
e mi sono cullata di emozioni
mai dimenticate.
Il tuo è riapparso sullo sfondo
di montagne incantate, custodi di secolari segreti.
Mi sono specchiata nei tuoi occhi di ghiaccio,
impenetrabili come le cime
che sovrastavano la mia
infanzia.
Ma la figura riflessa ha allontanato ogni ricordo.